Omelia Natale 2018

Carissimi abbiamo ascoltato nella seconda lettura dell’ufficio di Veglia un brano tratto dell’omelia di san Paolo VI nella notte di Natale di cinquanta anni fa, nel 1968 presso i cantieri Italsider di Taranto. Il Papa intuiva che stava succedendo qualcosa e che la Chiesa doveva esserci in quella fase della storia. Il ’68 rappresenta a detta di tutti un passaggio fondamentale della società occidentale, nel bene e spessissimo anche nel male. Vennero toccate da esso tutte le realtà: i giovani, le università, gli intellettuali, le fabbriche, i costumi familiari e sessuali, sotto la spinta di speranze che stavano giungendo dai paesi emergenti e da quei ceti tagliati fuori fin a quel momento. La de-colonizzazione portava alla ribalta mondiale interi continenti e nuove religioni che si credevano morte come l’Islam, Martin Luther King realizzava la profezia dell’uguaglianza della costituzione americana fin lì rimasta sulla carta almeno per quelli che fino ad allora erano detti spregiativamente “i negri”. Se dovessimo dire con una parola sintetica cosa sia stato il ’68 potremmo dire che è stato un movimento di popolo alla ricerca della felicità e di un nuovo protagonismo popolare per raggiungerla. La famosa scritta che apparve sul muro della Sorbona “ Soyez réalistes: demandez l’impossible”! Siate realisti: domandate l’impossibile! Che fu l’emblema di quell’esperienza, gronda di umanesimo cristiano. Infatti in questa frase c’è la percezione e la consapevolezza che la vita è più della vita e l’uomo, come scriveva superbamente Pascal, supera infinitamente l’uomo. Ma dove il ’68 si arenò? Perché quella generazione tradì questa grande apertura rifugiandosi chi nella violenza terrorista chi nell’occupare “manu militari” nei decenni successivi i posti più borghesi che ci sono come quelli di direttori dei giornali nazionali, le sedi universitarie, o trasformandosi in boiardi di Stato come manager statali? Perché il ’68 era fondato sul pelagianesimo. Il pelagianesimo è un’eresia cristiana che afferma che l’uomo può salvarsi senza l’aiuto di Dio, della grazia. Che questo impossibile è a portata di mano dell’uomo, basta impegnarsi per prenderlo con la politica, con la cultura e, ahimé, con la violenza cieca e vile nei confronti degli altri uomini. Carissimi in questa notte santa (giorno santo) abbiamo ascoltato che l’Impossibile che realisticamente l’uomo cerca è venuto da noi. L’Impossibile, si è fatto uomo ed ha posto la sua tenda fra noi. Egli è qui, è un bambino, è uno che possiamo conoscere. Ha pensato con mente d’uomo, ha lavorato con mani d’uomo, ha parlato con lingua d’uomo, ha sorriso con labbra d’uomo e, soprattutto, ha amato con cuore d’uomo. Il ’68 aveva a portata di mano la risposta alla sua attesa: il cristianesimo. Quel cristianesimo irriso e combattuto era la meta inconscia del ’68. Sarebbe interessante analizzare le cause del perché il cristianesimo non apparve così attraente e decisivo a quei giovani ed in fondo agli stessi cristiani che in massa migrarono in quegli anni dall’appartenenza alla Chiesa in movimenti neo-marxisti ed umanisti. Poche anime seppero analizzare tale complessità. Una di esse sicuramente fu San Paolo VI°, la cui grandezza non è ancor stata scandagliata a sufficienza. San Paolo VI° dovrebbe diventare un dottore della Chiesa. In quell’anno il Papa scrisse “ il credo del popolo di Dio”, una esposizione impressionantemente precisa della fede cristiana, quasi a dire: quello che voi cercate, cercatelo qui! Poi scrisse l’Humanae Vitae che è un inno all’amore ed alla generazione come avventura umana. E mentre il mondo si avviava a vivere il sesso come mero consumo ed a produrre i bambini in laboratorio indipendentemente dall’atto d’amore fra i genitori, Paolo VI, senza guardare in faccia nessuno, nemmeno agli episcopati che gli erano contro, ribadì questo capitolo dell’ecologia umana di cui oggi comprendiamo la straordinaria profezia. Carissimi, oramai la spinta propulsiva del ’68 si è spenta perché in realtà non vi era spinta propulsiva. Se infatti il Signore non costruisce la città invano vi faticano i costruttori, dice il Salmo. Ma nella notte fredda di Natale, abitata però dagli angeli di Dio e dal loro soprannaturale canto, non possiamo non fare nostro il motto del ’68: soyons realistes, demandons l’impossible! L’Impossibile è arrivato, è con noi, viene da Maria Santissima, giace in una mangiatoia, ci porta la Grazia di realizzare i desideri veri se avremo la pazienza di seguirlo sulle strade della vita. E tu Chiesa, tu comunità cristiana, non nasconderti! Non mimetizzarti, tu porti il grande tesoro di Cristo e della Sua Presenza. Tu, almeno tu! Non tradire il cuore dell’uomo che è fatto per Dio e che a te è stato affidato dal tuo Signore. Guai se non testimoni l’Impossibile divenuto uomo con coraggio e amore! Amici, un buon Natale.

don Stefano