Dopo la festa della donna, un’interessante riflessione di Alessandro D’Avenia comparsa sul sito del Corriere della Sera: «Vorrei una festa della femminilità, intesa non come requisiti estetici ed etici effimeri, ma l’universo di caratteristiche del genio femminile, necessarie alla piena realizzazione della donna come tale e ostacolate dalla cultura dominante, prima ancora che a livello politico a livello antropologico. Alcuni pensano che definire il femminile come lo specifico che realizza una donna come tale sia una sovrastruttura da eliminare, frutto di una distinzione biologica irrilevante e determinata da retaggi arcaici: esistono solo individui che possono costruirsi come vogliono, la libertà domina la biologia. Questa idea coglie una verità: l’uomo non è pura necessità naturale, la trascende, la supera. La creatività di uomo e donna non è esauribile nel biologico, la loro energia vitale non si riduce ai compiti che ogni cultura attribuisce loro. Però questa concezione, se estremizzata, rinnega quella stessa energia creativa che vuole liberare: se evoluzione e genetica vogliono una differenziazione stabile, significa che essa è necessaria alla vita. Rendere irrilevante il maschile e il femminile significa privarsi del senso (la direzione) da dare alla realtà» …
